Raddoppia il Canale di Suez. Egitto: un'opportunità per le imprese italiane

Dopo la sanguinosa stagione della Primavera araba l’Egitto, guidato da un anno dal generale Al Sisi, guarda all’ammodernamento delle proprie infrastrutture. Il raddoppio del Canale di Suez, l’ampliamento dell’aeroporto del Cairo e del sistema ferroviario, un milione di nuovi alloggi popolari, investimenti in rinnovabili ed energia pulita, sono alcuni degli interventi più significativi di un Piano strategico da 150 miliardi di dollari, che aprirà opportunità importanti anche per le aziende italiane, da sempre impegnate in Egitto in progetti strategici. Sugli investimenti, però, grava l’incognita Libia.

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Il Canale di Suez si allunga per 72 km: un nuovo tratto di 35 chilometri parallelo a quello esistente, oltre all'ampliamento e all'approfondimento dell'attuale per una tratta di 37 km. Un lavoro considerato necessario. Il Canale era diventato inadeguato perché non vi potevano transitare le gigantesche superpetroliere e i mercantili erano costretti a lunghe attese prima di poterlo percorrere. Lo scopo è velocizzare il transito, diminuendo i tempi di percorrenza attraverso la riduzione dei tratti a senso unico alternato e raddoppiando il traffico giornaliero. Si prevede che farà salire gli incassi dei moli dai 5,3 miliardi di dollari attuali a 13,2 nel 2023, portando vantaggi ai trasporti mondiali. Il costo stimato del progetto è di 8,2 miliardi di dollari.

I settori su cui puntano le imprese italiane. Tre sono i settori su cui puntano le imprese italiane: infrastrutture, energie rinnovabili e meccanica. Per chi vuole investire in Egitto il momento è certamente uno dei migliori nonostante le tensioni create dalla Libia: a metà marzo, infatti, a Sharm el-Sheikh si è svolta l’attesissima conferenza internazionale in cui il presidente al Sisi ha presentato agli investitori stranieri il piano per lo sviluppo del Paese. Il valore totale degli investimenti illustrati è stato stimato intorno ai 150 miliardi di dollari, per realizzare in Egitto 15-20 mega progetti infrastrutturali nei settori energia, ferrovie, strade, estrazione mineraria e trasporto energia, acqua potabile e sistemi idrici, abitazioni (un milione di abitazioni per la fascia medio-bassa della popolazione), raddoppio del Canale di Suez, ampliamento aeroporto del Cairo, energie rinnovabili e autostrade digitali.

Il governo italiano, che vuole far crescere l’import/export portandolo dagli attuali 5 miliardi ai 6 del 2016, aveva iniziato a programmare gli investimenti ben prima della Conferenza di Sharm per mettere in relazione il mondo economico imprenditoriale italiano con le istituzioni e le autorità egiziane. La presenza italiana nel Paese è importante ed è fondamentale il ruolo che l’Italia ha svolto in questi ultimi anni e la fiducia attribuita al nuovo corso egiziano. Nonostante i disordini dalla Primavera araba in poi l’Italia continua infatti a rappresentare il quarto partner commerciale per il Paese, con un export pari a 2,8 miliardi di euro nel 2013. L’obiettivo dell’appuntamento di Sharm è stato quello di rilanciare la crescita con un importante piano di investimenti che attirasse i capitali esteri. Tra i paesi più attivi rientrano Arabia Saudita, Kuwait, Eau e Russia. Le maggiori opportunità si concentreranno proprio nell’ambito dei progetti infrastrutturali.

La presenza delle imprese italiane. Tra il 2009 e il 2013, e nonostante le turbolenze seguite alla rivoluzione del gennaio 2011, sono confluiti in Egitto 22 miliardi di euro di investimenti diretti, di cui 3,7 miliardi provenienti dall’Italia. La presenza italiana nel Paese è di vecchia data – l’Eni ha investito in Egitto nel 1955 – e conta al momento 130 imprese attive in diversi settori: servizi, impiantistica, trasporti, logistica, turismo ed energia. Il primo gruppo italiano è Eni, principale operatore petrolifero straniero. A seguire Edison, attiva in Egitto tramite una joint venture con Egyptian Petroleum Company con cui sfrutta giacimenti di gas e petrolio ad Abu Qir. Presente dal 2006 Intesa San Paolo con l’acquisizione di Bank of Alexandria. Significativi anche gli investimenti di Pirelli, Italgen, Danieli, Techint e Gruppo Caltagirone. Il rallentamento economico del Paese dell’ultimo triennio ha tuttavia influito negativamente sui flussi commerciali. Si stima che l’Italia abbia perso export per oltre 5,5 miliardi di euro in questo periodo.

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